domenica 22 marzo 2015

Hand cannot erase

Che siate a conoscenza o meno della storia dalla quale Steven Wilson ha preso ispirazione per il suo  quarto lavoro da solista, l'ascolto di questo album vi metterà i brividi. Tutto è permeato da un senso oscuro e tetro, che vuole far riflettere sulla tragedia. E' questo il senso del concept album: prendere un tema e cercare di mantenerlo dall'inizio alla fine. 
Wilson è stato influenzato dalla storia di questa donna, Joyce Carol Vincent, guardando il documentario "Dreams of a life".

Entriamo lentamente nell'opera. C'è un suono che cresce quasi a voler diventare assordante e invece no...parte una melodia: siamo dentro alla prima traccia "Regret", un preludio al disco. Piove e ci sono voci di bambini che si confondono con altri suoni; il pianoforte di Adam Holzman è rassicurante.

Ci inoltriamo in "3 years older" con il suono della tastiera che precede una chitarra sostenuta che si tramuta quasi immediatamente in quel progressive rock che tanto contraddistingue l'opera di Wilson e dei suoi Porcupine Tree ma che ci ricorda anche gli ultimi Genesis (e io azzarderei pure i Dream Theater di "Images and Words"); dopo una lunga e potente intro musicale la chitarra si fa morbida e iniziano a fluire le parole di Wilson. Poi tra una strofa e l'altra intravediamo sonorità al limite del jazz attraverso il sapiente inserimento del pianoforte.

Dopo l'ultima lunga scarica di prog incessante, incalzante e martellante la musica si ferma e parte la title track "Hand Cannot Erase" la più "vendibile" dell'intero album: un pop rock che diventa una melodia nella testa, si ripete da sola anche quando il giradischi è spento ormai.

Joyce Vincent ha sentito l'esigenza di allontanarsi dal mondo, ed in una grande città come Londra è così facile sparire nel nulla e non lasciare tracce...il disco intero è incentrato su questo: il senso di alienazione di chi vive nella metropoli. Tutti siamo costantemente presi dagli impegni, cerchiamo di incastrare tutto con tutti. Sembra che non si abbia mai il tempo per dedicarsi con cura all'altro. E quindi, appena si esce fuori dal circuito si è totalmente fuori. Vieni dimenticato dal mondo. E muori. E nessuno scopre che lo sei per tre anni di fila. Nessun contatto, nessuna ricerca. Questa è la storia di Joyce Vincent. Una donna all'apparenza "normale" che ha pian piano allontanato tutto dalla sua vita, per stare da sola e morire nella sua solitudine. Amici, famiglia, fidanzato, colleghi e lavoro. Più nulla. E nessuno l'ha più cercata. E' stata ritrovata nel suo appartamento londinese dopo tre anni che era morta...circondata da regali di Natale che aveva impacchettato, per chi?

"Perfect Life" si apre dolcemente. Una voce femminile recita la storia di una relazione molto breve ed intensa tra due sorelle. Tutto incorniciato da trip hop ed elettronica. Poi torna Wilson a metà della traccia e ripete in una crescente malinconia: "We have got. We have got the perfect life"; è un' escalation musicale che mantiene queste poche parole e che si fa penetrante, quasi soffocante e lascia un senso di tristezza assopita.

"Routine" viene accompagnata dal suono del pianoforte. E' leggera. Arrivano le onde del mare e il suono di gabbiani e la voce si fa più decisa nel raccontare di quanto questa routine "keeps me in line, help me pass the time, concentrate my mind, helps me to sleep". Le sonorità vengono fuori, la chitarra è permeante. Accompagna la grande costruzione musicale di questo album. Voce femminile e maschile si alternano nell'esaltazione della routine. Poi boom...intravediamo nuovamente il prog. La voce quasi gotica della Tayeb si trascina sopra le note, ci danza assieme. Un urlo floydiano e poi torna la melodica e onirica chitarra che precede il ritorno di Wilson che conclude:

"The most beautiful morning forever
Like the ones from far off, far off away
With the hum of the bees in the jasmine sway
Don't ever let go
Try to let go"


"Home invasion" inizia stridente, quasi macabra. Minnemann si fa sentire a più non posso. E il progressive rock serve tutto, qui, per condannare la società dell'alienazione attraverso ciò che ci dovrebbe avvicinare al resto del mondo ma che invece ci fa chiudere ogni giorno di più nel nostro guscio informatico, virtuale e mai reale. "Download the life you wish you had".



La traccia è unita a " Regret #9", una composizione lunga, strutturata, mai noiosa e virtuosa introdotta dall'assolo di tastiere di Holzman. Qua il prog si fa più corposo, decisamente heavy e deve sostenere l'assolo lunghissimo e meraviglioso di Govan che buca e valorizza la lunga traccia con chiari rimandi ai Pink Floyd. Ancora voci di bambini sul finire.



"Transience" è morbida e Wilson diventa cantastorie. Echi e arpeggi di chitarra. 



"Ancestral". E' una traccia che usa parole dure, parla della solitudine, del mondo che non ti vuole, del declino. Il suono accompagna questo inevitabile destino che man mano si avvia verso tonalità più metalliche e forti nella seconda parte. Un altro solo di Govan ci fa accapponare la pelle. Le atmosfere sono cupe e intricate e in questo finale metal si inseriscono anche i fiati di Theo Travis. La suite è superba.



Tutto termina con "Happy Return"/"Ascendant here on...". Un piano, una chitarra che malinconicamente vanno a chiudere l'album, sintetizzando tramite la voce di Wilson, il suo messaggio. Ciò che ha voluto portare alle nostre orecchie per tutta la durata del disco ma che riesce a racchiudere in queste poche frasi. 


"Hey brother, I’d love to tell you
I’ve been busy
But that would be a lie
‘Cause the truth is
The years just pass like trains
I wave but they don’t slow down"

Finisce come è iniziato. Cori quasi angelici, eterei. E poi voci di bambini. E il suono di una pioggia leggera che si ricollega alla prima traccia.

Datevi una seconda chance. Vivete con calma e soprattutto, vivete. Non vi chiudete dietro uno schermo, dietro impegni che non vi riempiranno le giornate ma che invece, vedrete, ve le svuoteranno pian piano. Siamo esseri umani, fatti per relazionarci. E' così facile sparire nel nulla e venire dimenticati in questa nostra moderna società. E' così facile essere distratti e non prestare attenzione. 
Ma basta poco per cambiare rotta. Incredibile che la musica possa trasmettere tutto ciò. Wilson l'ha fatto.


Magistrale.







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